Il ristorante che vorrei @ Manna – Milano


Non nego di essere piuttosto attento al problema del vile denaro, specialmente in questi tempi di magra, e l’andare a pranzo/cena in zona Milano acuisce questa mia sensibilità in maniera particolare.
E’ notorio che la piazza della ristorazione meneghina sfodera con una certa leggerezza prezzi oltremodo pompati anche per mangiatoie mediocri, ma, se davvero è vera l’equazione “crisi = rinnovamento”, nella massa si distinguono anche alcuni posti che già in tempi non sospetti facevano propria questa filosofia. Ed è appunto il caso del Manna.

Attenzione all’articolo però! La povera Antonella Clerici è stata cazziata in diretta -per aver anteposto un genere femminile- dallo chef Matteo Fronduti, valente, e a volte sardonico, animatore di questo bel locale in una tranquilla quasi-periferia milanese.

Nonostante i baffi a manubrio e la stazza da Harleysta (anche se in realtà mi sembra guidi una Monster 😉 ), non aspettatevi hamburger e salsicce: la cucina gioca con quella sapiente creatività di non impegnativo approccio, senza l’inutile pomposità di chi vuole prendersi troppo sul serio… e ne sono dimostrazione gli ironici titoli dati ad ogni piatto del menù.

Il tutto è poi condito con un’intelligente politica di contenimento dei costi, basata sulla riscoperta di materie prime povere, sulla stagionalità degli ingredienti e sull’eliminazione di ridondanti orpelli quali carte dei vini enciclopediche, appetizer e pre-dessert.




Ma alla prova delle pupille e delle papille? Si potrebbe iniziare con delle cappesante alla plancia, titolate “Cappa e spada” accompagnate da puntarelle e da un filo conduttore dolciastro a base di datteri e crema di cipolla.

Sullo stesso filone il “De sera e de matina” dove il baccalà mantecato trova l’inaspettato complemento gustativo nel chutney di arancia e quello di consistenza nella sfoglia di polenta taragna.

Troviamo un’ispirazione pierangeliniana nel “Mare di terra“, dove la componente preponderante è la salmastra sapidità del calamaro e della bottarga avvolta, quasi a mitigarne l’esuberanza, dalla vellutata morbidezza della terrina di ceci. Il crostaceo fa il suo ingresso in “Russa, il gambero“, accompagnato da una delicata reinterpretazione dell’insalata russa a base di una eterea “quasi maionese” montata a lecitina di soia.

Ma parlando di primi i titoli cominciano a farsi esclamativi… e quindi al grido di “Il prosciutto lo porto io!” ecco una delle più riuscite creazioni del Manna: il riso mantecato con porto rosso e prosciutto crudo sbriciolato, dalla poderosa ouverture cremosa e imponente sapidità.
Un po’ di satira politica per “Ma quale delfino!” che si palesa nella salsiccia di trota a condimento, in collaborazione con una passata di cipolle brunite, di un piatto di spaghetti per un risultato di facile appeal.

Un po’ di commistione fra centro e sud Italia, oltre che fra dolce e salato, nel “Casa Casadei“, ossia degli emilianissimi passatelli con salsiccia (di coniglio) con rimandi alla Trinacria (uva passa e pinoli).

Da non trascurare assolutamente lo smagliante equilibrio della “Brassica da palestra“, a base di ravioli tostati e broccoli, spezzato a tratti dalla pungenza di cozze e peperoncino fresco.






I carpioni scomposti ultimamente mietono facili successi e anche il “Sei fritto!!!” non è da meno. Il protagonista è lo sgombro, pesce tradizionalmente povero e quindi non allevato, che dona sensazioni acido-iodate, abbinato a finte pinne di fiori di zucca per il solito apporto masticativo croccante.

La semplicità non é necessariamente sinonimo di banalità, e anche “una bistecca” nasconde sorprese. In questo caso un doppio passaggio, di vapore pima e plancia poi, per mantenre un rosato di fondo e una cottura più marcata ai lati. Impeccabile la qualità del controfiletto di manzo che mette in secondo piano gli spinaci e la salsa all’uva.

E infine “contro il logorio della vita moderna” ecco l’immancabile carciofo (anche in versione budino) con una ben dosata presenza salata a base di aringa fumée e il rotondo complemento del cipollotto brasato.

Un tocco intelligente può dare nuova vita anche al super-inflazionato e demodé flan al cioccolato: con l’aggiunta di una componente acidula nasce il “Passiente” che ammicca anche a contrasti di temperatura.

Decisamente più imponente e invernale il “Nocciola più – Ft. Korova bar“, con un rimando nemmeno troppo velato ad Arancia Meccanica. Imponenente nell’aspetto e nel gusto (nocciole, caffè, cacao e rum) si rivela invece etereo nella consistenza fatti salvi gli intermezzi di croccante, sempre alle nocciole.

Chiudiamo con la “Fava colada“, l’unico piatto veramente anonimo e dal senso oscuro che non si spinge molto oltre il sapore della vellutata di ananas, nonostante la presenza di fave e rosmarino.



Servizio informale gestito in sala direttamente dallo chef, carta dei vini minimale ma non banale e un’ulteriore intelligente possibilità di degustare alcuni piatti in mezza porzione… a (quasi) metà prezzo ;-).

In un ambiente accogliente, fra tinte pastello e qualche rimando anni ’70, troviamo una cucina di qualità, bene eseguita ma non pretenziosa, creativa senza essere cerebrale, piaciona ma mai banale… il tutto proposto a prezzi di assoluta correttezza, cosa ancora più apprezzabile considerando la media milanese.

Un altro degli esempi (a dire il vero pochi) da seguire per una ristorazione al passo con i tempi. Raccomandato senza esitazioni.

Altre Foto

Prezzi (Febbraio 2011)
Coperto: 0€
Antipasti: 8-10€
Primi: 11-12€
Secondi: 16-19€
Dessert: 8-9€

Indice di gradimento

Manna

piazzale Governo Provvisorio, 6
20127 Milano
Tel. 02 26.80.91.53
www.mannamilano.it

Chiuso la domenica.

2 risposte a "Il ristorante che vorrei @ Manna – Milano"

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